Si stima già una diminuzione del PIL cinese del 1,2%.
Sono 7 giorni che la città di Wuhan è in isolamento forzato per evitare l’espandersi del coronavirus. I trasporti pubblici sono interrotti, ed i luoghi di ritrovo, come cinema e teatri, chiusi. Le connessioni aeree con la città sono sospese. I blocchi si sono espansi nelle aree vicine, come nella regione di Shangai, dove la produzione rimarrà ferma almeno fino al 3 o al 9 febbraio. Tuttavia, i timori si sono già diramati in tutta la Cina ed il mondo. Il paese, di 1,4 miliardi di persone, è ad oggi il principale motore dell’economia globale, sia per produzione che per consumo.
Wuhan è conosciuta anche come la Chicago della Cina, per i numerosi investimenti nazionali nell’industria pesante e nelle nuove tecnologie. È considerata il più importante snodo di trasporto della Cina interna ed un importante centro educativo, dove hanno sede 89 università. La regione dello Hubei, di cui Wuhan è la capitale, produce un PIL pari a quello della Nuova Zelanda, e contribuisce per 1,6% al PIL cinese. La crescita, negli ultimi 2 anni, si è stabilita intorno all’8%, sopra la media nazionale.
L’isolamento totale della città sta avendo un immediato impatto su consumi e turismo. Infatti il virus è scoppiato nel pieno delle celebrazioni per il capodanno cinese, o nuovo anno lunare, momento in cui è solito viaggiare per ricongiungersi alle famiglie o per piacere. Trip.com, la principale agenzia di viaggi cinese, ha subito un calo del 18% del titolo. I parchi divertimento Disney di Shangai e Hong Kong sono chiusi, così come alcune aree della Grande Muraglia.
Inoltre, la proibizione dei viaggi di gruppo all’estero imposta dal governo centrale è un duro colpo per le economie del sudest asiatico, come la Tailandia, che dipendono dai turisti cinesi. Le compagnie aeree hanno interrotto i voli diretti nella regione (British Airways ha addirittura sospeso tutti i voli per la Cina), chiudendo al ribasso. A livello globale, grandi gruppi di beni di lusso, come LVMH e Kering, hanno subito un abbassamento del valore dei loro titoli a causa delle mancate vendite nel periodo festivo. Tuttavia, il mondo del lusso prevede un rapido rientro. Invece, secondo stime S&P, il crollo dei consumi si collocherà intorno al 10%, comportando una diminuzione del PIL cinese del 1,2%.
Ciò che preoccupa di più è il blocco della produzione: Wuhan è anche sede di fabbricazione di pezzi alla base di automobili e strumenti tecnologici. Le fabbriche sono chiuse nella regione ed in quelle limitrofe e alcune aziende hanno intrapreso misure più drastiche, come Toyota che ha sospeso la produzione in tutta Cina. I complicati incastri delle catene di montaggio e l’uso dei metodi di produzione just-in-time – “appena in tempo” – possono comportare maggiori scompensi sulle economie collegate. Si stima un rallentamento della produzione a livello globale, per cui gli investitori stanno abbandonando il petrolio per prediligere i più stabili investimenti tradizionali, come l’oro, il dollaro e lo yen.
Come conseguenza dell’interruzione della produzione, anche le attività delle borse cinesi di Shangai e Hong Kong si sono interrotte, per evitare l’effetto sui titoli. L’incertezza deriva dall’imprevedibilità della diffusione del virus, dunque non sappiamo quando le attività potranno riprendere e la regione risollevarsi.
Diversa è invece la sorte delle aziende che operano nel settore sanitario. I produttori di mascherine protettive e prodotti medicali monouso, come le cinesi Tianjin Teda e Shangai Dragon e la giapponese Kawamoto Corporation, hanno visto i loro titoli in salita di due cifre.
Al di là dello spavento iniziale, è molto presto per tirare le somme. Le sorti delle grandi compagnie internazionali con stabilimenti nella regione dipenderanno dalla velocità di ripresa della produzione o dalla capacità delle aziende di ricostruire le catene di valore. Diversa sarà la sorte del turismo e dei consumi, i quali necessiteranno di più tempo per riprendersi. Tuttavia, le possibilità che l’intera Cina rimanga bloccata dal virus sono minime, ma un impatto sul PIL dovuto alla mancanza di consumi è probabile.